Pentecoste: una cascata, un uragano di doni 

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!».

Gv 20,19) È sera: per gli ebrei la sera è l’inizio del giorno nuovo, qui invece è il compimento del giorno “uno”, l’oggi presente nella Scrittura, ogni nostro oggi. Era sera anche quando la tempesta colse d’improvviso i discepoli sulla barca, dopo che Gesù aveva moltiplicato il pane…

Adesso la luce torna a visitare la notte dei discepoli e tutte le notti dell’uomo, ogni nostra notte! Si avvera la parola del salmo: “Per te Signore le tenebre sono luce e la notte è chiara come il giorno”.

La scena non si svolge nel giardino, fuori…. dove il Risorto aveva già incontrato la Maddalena. Siamo dentro il cenacolo, nello stesso luogo in cui Gesù aveva anticipato il dono di sé e dove donerà il suo spirito e da dove partirà la sua missione. I discepoli hanno trasformato quel luogo in una tomba: che paradosso! Il sepolcro di Gesù è aperto e vuoto, la casa dei discepoli è sprangata, ben chiusa e piena di morte, di paura, come il loro cuore. In quel luogo si trovano i discepoli… non si dice che stavano insieme, non si sottolinea la comunione fra di loro, il clima sereno… ma pare che l’evangelista voglia quasi dire che i discepoli appaiono tutti un po’ orfani e soli, a porte chiuse. In realtà, erano le porte del loro cuore ad essere chiuse…

Interessante notare come Giovanni non dica “alcuni” discepoli,

ma “i discepoli” … per dire che si tratta di tutti i credenti, perché tutti prima o poi ci troveremo nella medesima loro situazione.

Per paura dei giudei… la paura divide le persone: ognuno rimane chiuso in sé stesso, è sempre in difesa o in attacco verso gli altri. La paura impedisce ai discepoli di stare insieme, di aprirsi agli altri, di condividere.

La paura e la fiducia, come la tristezza e la gioia, muovono ogni azione, rispettivamente chiudendo nella morte o aprendo alla vita.

Venne Gesù, stette in mezzo a loro… ecco la bella notizia: Gesù viene! In questa situazione, proprio in questa, quando i discepoli sono divisi, quando sono chiusi nelle loro paure… Gesù viene! Non si vergogna di loro… di noi; non si arrabbia perché l’hanno abbandonato, perché non gli hanno creduto, perché hanno mollato tutto…

La bella notizia della storia è che Dio ci ha scelti, Dio ha giocato tutto su di noi, non perché siamo bravi e perfetti… non perché forti e santi, ma perché siamo piccoli e deboli, perché siamo bisognosi di Lui.

Viene Gesù dai suoi discepoli, anche se non l’hanno cercato, a differenza della Maddalena… o forse, nella logica paradossale di Dio, va da loro proprio perché persi, smarriti, come il buon Pastore.

Il Signore non salva nessuno dalla morte, nemmeno Lui si è salvato, ma ci salva nella morte, viene nella nostra paura, nel nostro buio…

Dice loro: Pace a voi… shalom! È la pienezza della benedizione messianica. È una pace non a buon mercato, non a basso prezzo… è la pace che il mondo non conosce, perché è la pace dell’amore che vince ogni odio ed ogni divisione. Chi ama davvero è sempre in pace… con se stesso, con gli altri, con Dio. Ma questa pace non è la quiete dopo la tempesta, non è sinonimo di tranquillità, peggio ancora di comodità… perché la pace dell’amore scomoda, ti mette in gioco, ti fa andare verso l’altro! E questo costa fatica… quindi può essere solo dono, perché l’uomo da solo non ce la fa… abbiamo bisogno di Dio!

Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. (Gv. 20,20)

È il Crocifisso. Strano modo di farsi riconoscere… noi non siamo abituati a un Dio così. Noi vorremo il Dio bacchetta magica, fatto a nostra immagine e somiglianza, un Dio che viene e risolve… e invece Lui, appena arriva, la prima cosa che fa è quella di mostrarci le ferite: mani forate e costato trafitto. Per ricordarci, forse, che il dolore non è una sciagura, non è qualcosa che ti può capitare… Lui viene e ci mostra le sue ferite per dirci che il dolore, per chi ama, può trovare un senso. Scopriamo allora che per un discepolo sono proprio queste ferite ad essere sorgente di pace, perché “è dalle sue piaghe che siamo stati guariti”, dice la Scrittura. Non dai miracoli, non dai prodigi… ma dalle sue piaghe.

Allora gioirono i discepoli…

La gioia è propria di chi dimora nell’amore. Pensiamo un attimo: “Quando ci sentiamo davvero felici?” Quando stiamo con le persone che amiamo, quando abbiamo la certezza di essere amati, nonostante tutti i nostri limiti ed imperfezioni. Per questo, non poteva che essere la gioia il frutto dell’incontro col Signore. Si dice che i discepoli gioirono al vedere il Signore: è il Kyriòs…e solo in questo momento i discepoli lo riconoscono Signore della vita e della storia. È perché hanno visto quelle ferite che riescono ora a riconoscerlo “Signore”.

Neppure di fronte agli esorcismi, ai miracoli… l’avevano chiamato così. Solo le ferite dell’amore lo rivelano pienamente come l’“Io sono”. E sarà sempre e solo questo il modo che lo renderà visibile anche a noi nella fede. Nella fragilità di un pane spezzato, nelle ferite dell’umanità, nella povertà dei fratelli, in chi si fa servo e compagno di strada…

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». (Gv. 20,21)

Ora Gesù li manda in missione. Non c’è missione senza aver prima incontrato il Signore: sarebbe sterile, sarebbe un portare solamente noi… La missione che attende i discepoli è la stessa del Figlio: amare e servire, “come” Lui. Siamo dunque chiamati ad amare come il Signore. È una piccola parolina, un “come”, ma lì c’è tutto lo stile del cristiano. Si può amare in mille modi, si può servire seguendo numerosissimi protocolli… ma noi siamo chiamati ad amare come Lui. Questa è la nostra missione nel mondo.

Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo». (Gv. 20,22)

Soffiò! Questo verbo ricorre 3 volte soltanto in tutta la Bibbia:

*Gen 2,7: è Dio che col suo soffio vitale crea l’uomo –

*Ez 37,9: è il soffio di Dio a dare vita alle ossa aride

*qui in Gv: il soffio di Gesù ci fa creature nuove. Gesù parla dello Spirito Santo, senza nessun articolo davanti. Non perché si tratti di una realtà vaga e indeterminata; il cristiano sa che Spirito Santo è l’amore di Dio: Lui ce lo dona in pienezza senza misura, ma noi ne abbiamo quanto ne vogliamo accogliere.

Gesù ci chiede solamente di accogliere! “Ricevete” … il suo dono è un uragano di Grazia, una cascata di regali.

La narrazione della Pasqua nel vangelo di Giovanni coincide con la narrazione della Pentecoste, compimento di tutto il mistero della nostra fede. Come non leggere in filigrana dentro questo testo tutto quell’uragano di Grazia, quella cascata di regali che sono stati riversati sulla nostra comunità durante il tempo pasquale con la celebrazione di tutti i sacramenti della nostra fede. Quanta Grazia!

Ringraziamo il Signore di tanta generosità e predilezione e cerchiamo di corrispondere per la Sua gloria e per il nostro bene.

Don Mauro

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