Giovedì 19 settembre 2019, presso l’oratorio di Ciserano, si è riunito il Consiglio Pastorale Territoriale, convocato dal Vicario Territoriale don Alberto Caravina. All’incontro erano presenti i laici nominati coordinatori delle Terre Esistenziali e numerosi consiglieri.
Dopo la preghiera con breve meditazione del Vicario e la presentazione del programma della serata, vi è stata un’introduzione, in cui si è evidenziato che, dopo i primi passi fatti e in relazione alla domanda “Cosa fare?”, è giunto il tempo di imparare ad esercitarsi sul campo, andando a lavorare su un terreno interessante; dopo un confronto, i coordinatori hanno pensato ad una proposta che dà la possibilità sia di una sessione svolta insieme, sia per gruppi secondo le singole Terre Esistenziali, per approfondire sguardi specifici. La realtà individuata in questa fase è la Cooperativa Ecosviluppo; in seguito si potranno individuare altri luoghi.
È stata quindi presentata questa realtà: essa ha sede a Stezzano ed ha più di 20 anni di storia; l’aspetto più conosciuto è la raccolta rifiuti, ma la particolarità che ha orientato per questa scelta è che tutte le TE si possono ritrovare. Dallo scarto-risorsa è derivato non solo la raccolta differenziata, ma anche il modo di vedere le persone: c’è una rete di associazioni che collabora e beneficia del loro apporto; dà lavoro ed anche una sorta di educazione civica a persone straniere, carcerati ed ex carcerati; ha in atto progetti con le scuole, welfare aziendale, appartamenti di autonomia, collaborazioni con associazioni per le donne vittime di violenza, etc. Le relazioni sono riconosciute e valorizzate, dando dignità alle persone, in particolare persone fragili. Sono quindi possibili diverse aree di osservazione perché è una realtà articolata: dietro il camion della raccolta rifiuti c’è un mondo valoriale. Per noi è occasione per allenare il nostro sguardo, un campo di esercizio, un laboratorio di una serata da riprendere poi nei gruppi delle TE.
Si dà quindi la parola ad ogni coordinatore che fa il punto sulla propria terra esistenziale.
Le relazioni d’amore: è una TE nata e che si è evoluta con nomi diversi, ma il cuore è la famiglia. Il Vescovo ha posto il problema della privatizzazione della famiglia, che soffre di tante malattie e non è sostenuta dalla società. Si parla di famiglie allargate, sole, mononucleari, famiglie di anziani con la badante, e anche surrogati di famiglia. La stessa scuola è un punto di riferimento ove le relazioni sono intrecciate. In questi ambiti si incontra la fragilità, ma anche l’incontro fra generazioni, i rapporti dentro la famiglia, ed anche il bello: es. famiglie che si aprono agli affidi, reti fra genitori che si aiutano, insegnanti educatori, etc. E poi le reti dell’associazionismo, dagli scout ai gruppi di volontariato fino all’oratorio, tutti luoghi di supporto delle relazioni d’amore. Si tratta di andare oltre la fragilità e scoprire il bello.
Le forme della tradizione: tradizione è una parola impegnativa e desueta, equivoca; “tramandare” ha la medesima radice di “tradire”, entrambe significano lasciare un segno, in una dialettica fra le due da tenere presente. Quando si parla di tradizioni, si pensa a processioni, riti, etc. ma non è questo: è piuttosto un impegno di vita, è tramandare l’identità cristiana, lasciare in eredità Gesù di Nazareth, una testimonianza. E il discorso si allarga, ad es. all’emergenza educativa: cosa vuol dire “tirar fuori” e tramandare ai ragazzi e ai giovani di oggi? Significa creare alleanza educativa. Il Vescovo ha parlato di generatività culturale e quindi la tradizione riguarda anche la cultura come pure i processi comunicativi.
I mondi della cittadinanza: è una TE un po’ “straniera” per la Chiesa. Lo stile: il Vescovo ha chiesto lo stile dell’incontro e dell’ascolto e questa è una novità. Per cosa? Per scoprire la buona notizia della vita, quella poco evidente; quindi provare a vedere altri “seminatori”. Il metodo: muoversi sapendo che il percorso si costruisce facendolo, che non è improvvisare; è una storia inedita con punti fermi, con la fiducia nel muoversi progressivamente, incontrando cose inedite, il buono che c’è, senza rigidità e programmi. Cittadinanza e partecipazione sono molto vasti ed occorre definirli ed anche conoscere; ad es., i modi dei giovani di essere e di fare: se leggiamo con i nostri occhi rischiamo di non vedere cose importanti che fanno e questo è lavoro interno. Il lavoro esterno è provare a conoscere alcune realtà che attivano relazioni e riconoscersi vicendevolmente. Si è parlato di fare una mappatura ragionata e mirata, per sapere cosa si muove nel nostro territorio, cose meno visibili e quali ponti. Infine una domanda: cosa ne facciamo poi di questa conoscenza e relazione?
Le esperienze personali e sociali della fragilità umana: la parola “fragilità” ha ambiguità; si pensa alle famiglie che fanno fatica, alla povertà economica, culturale, educativa, alla malattia e alla disabilità, all’esclusione, a chi è fuori dall’efficientismo. C’è il rischio di una frattura fra chi è fragile e chi aiuta. Ma c’è un diverso approccio: la fragilità ci abita tutti, lo riconosciamo come parte di noi stessi, strutturale o per un pezzo di strada; ma facciamo fatica a riconoscerlo. Attorno ai mondi della fragilità nascono molte risorse, gruppi, iniziative: la fragilità è molto generativa! Pensiamo ad es. alle famiglie accoglienti che scoprono risorse e capacità tali da contaminare altre famiglie. C’è tanta potenzialità e ricchezza, es. nel trasformare le persone fragili in protagonisti.
Il rapporto tra il lavoro e la festa: quando si parla di lavoro, si pensa subito a chi è in difficoltà. Il lavoro fa parte del nostro DNA e nel nostro territorio siamo fortunati: nonostante la crisi c’è abbastanza occupazione. Lavoro e festa viaggiano insieme, ma fanno fatica e si legano alla questione della famiglia: il tempo del lavoro e della famiglia, il tempo con sé e nelle relazioni con gli altri interrogano rispetto al loro giusto equilibrio; in tal senso si parla di umanizzazione del lavoro. Lavoro è necessità, ma anche dignità: il lavoro va abitato (Papa Francesco) ed è luogo dell’identità personale e sociale. Quando il lavoro è buono? Welfare aziendale significa vivere un luogo ove c’è relazione positiva, bene comune di tutta l’azienda. La relazione con la festa è complessa: non è solo questione di tempo e non è solo svago, è qualcosa di diverso che rende umani. Per noi cristiani è tempo abitato con il Signore, è condividere con altri il nostro tempo, anche con religioni diverse, è incontro con Dio. Come portare un senso diverso al mondo del lavoro? Ad es. ora è normale che i centri commerciali siano aperti il sabato e la domenica. Come tramutare l’interesse personale in interesse di tutti? Come CET possiamo scoprire dove sono già in atto buone prassi, elementi del vissuto quotidiano con presenti i semi del Regno.
Nel breve dibattito che segue, in sintesi è emerso che:
- ci sono immigrati integrati, ma senza cittadinanza: come possiamo sentirci cittadini e cristiani quando non riusciamo a trasmettere che siamo tutti fratelli, ed evitiamo confronti e discussioni?;
- oltre che il ritrovarsi in tutte le TE, quanto detto in particolare sollecita il nostro modo di porsi e di vedere anche altri “seminatori” e acuisce la capacità di lettura di tante realtà al di là dell’ecclesiale; scoprire anche l’inedito è fondamentale; la proposta fatta, andare ad ascoltare, è interessante;
- ognuno di noi ha una propria sensibilità, per cui si è d’accordo sul laboratorio sul campo per cominciare.
Si chiede quindi ai presenti di esprimere le proprie preferenze per l’adesione alle singole TE, che non saranno rigide né definitive, cercando formare gruppi abbastanza equilibrati. Poiché vi sono assenti, e per permettere a tutti una riflessione in merito, si concorda che la segreteria invii a breve una e-mail a cui rispondere entro una settimana.
Vengono quindi comunicate le date dei prossimi Consigli, tra cui l’incontro con il Vescovo il 22 maggio 2020, anche se, oltre a questi appuntamenti “ufficiali”, sarà necessario pensare ad altri spazi di confronto ed approfondimento.
Si procede infine, dopo che il Vicario ha spiegato le motivazioni e le caratteristiche dell’incarico, all’elezione di due membri del Consiglio Pastorale Territoriale nell’istituendo Consiglio Pastorale Diocesano.