Da Nazareth al Calvario si compie un’esistenza. Il sì, l’eccomi dell’inizio porta ad accogliere, stare, e donare tutto sotto la Croce.
A Nazareth il Signore era con te, Maria, quando ancora non Lo vedevi e si stava formando nel tuo grembo… Dio invisibile.
Anche sul Golgota il Signore era con te, Maria, quando Lo vedevi appeso al legno della Croce, ormai morente… Dio incomprensibile.
Al momento dell’annunciazione ci hai insegnato che Dio è con noi anche quando non lo vediamo, non lo sentiamo, non lo tocchiamo e Lui continuamente bussa alla nostra porta… Al momento della crocifissione ci hai mostrato che Dio è con noi anche quando il dolore, la malattia, l’umiliazione non bussano alla nostra porta, ma vi entrano prepotentemente, come uragani…
Ti ringraziamo Maria, discepola fedele, perché il tuo “Eccomi” pronunciato in quel momento unico e meraviglioso della storia, è stato il tuo sì a Dio… “concepirai un figlio” (Lc 2,31).
Grazie Maria, madre dell’umanità, perché il tuo “stare presso la Croce” è stato il tuo sì all’uomo… “Ecco tuo figlio” (Gv 19,26).
Lo stare sotto la Croce evoca nel cuore del credente un’immagine di dolore. Eppure, nonostante questa dimensione reale e necessaria, che evoca un certo immobilismo contemplativo, vi è soprattutto il momento della grazia.
La Croce è la più alta rivelazione dell’amore di Dio verso l’uomo, e traccia nelle nostre vite un percorso a cui noi ci dobbiamo affidare; lasciarci amare e amare. “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” è un versetto di Marco che noi spesso associamo alla difficoltà dell’essere Cristiani, alle persecuzioni, agli ostacoli della vita che devono essere accettati. In realtà quella croce che dobbiamo prendere non ci è caduta addosso. Gesù per primo ha portato la Croce e ci ha portato sulla sua Croce. Così invita anche noi a stare, ad abbracciare, a prenderci addosso la croce, per amare come LUI ha amato.
Accogliere Dio nella nostra vita chiede di mettere in gioco tutto noi stessi, proprio come Dio ha fatto per i suoi figli. Non solo nel momento stesso dell’accoglienza ma anche dopo, nella quotidianità. Dio infatti ama l’uomo a tal punto da assumerne certamente la sua condizione e, conoscendolo nella sua fragilità, in Gesù si dona pienamente per lui fino a morire in Croce. Un’offerta che sembra segnare la sconfitta, ma che, in realtà, significa un passaggio, un entrare ancora più profondamente nella condizione umana, fino alla morte stessa, per vincerla in favore dell’uomo. Davanti a questo Dio, ciascuno di noi si scopre sempre fragile, indegno, inadeguato e, proprio per questo, amato di un amore che non può tenere per sé. Un amore che non si può solo accogliere, ma che è chiamato a diventare offerta nella forma della restituzione grata e gioiosa.
In altre parole: all’uomo di sempre, trovando le forme e le modalità adatte al tempo che vive, Dio chiede di farsi dono e bene per le persone e la realtà che abita.
Il tempo della quaresima sarà un cammino per andare all’essenziale, per guardarsi dentro e scoprire che solo l’Amore di Dio può lanciarti nel donare la propria vita come offerta e servizio. Sull’esempio di Maria, siamo chiamati a donare ciò che serve, ciò di cui c’è “bisogno” perché si possa continuare a generare ciò che è bene e ciò che è buono per l’umanità.
Buona Quaresima
Don Mauro